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sabato 20 marzo 2010

La filosofia del cyberpunk (1)


tratto da LA FILOSOFIA DEL CYBERPUNK

di Alberto Corda

Nel 1984 un giovane autore americano, William Gibson, vinse con Neuromante il premio Hugo, il premio Nebula e il prestigioso premio in memoria di Philip K. Dick. Questi premi consacrarono una tendenza, uno stile, una scuola di scrittori che si battezzò"cyberpunk" e che ebbe poi, sino al giorno d'oggi, una vastissima fortuna.... E' noto che parole inventate dagli scrittori cyberpunk, e da Gibson in particolare, sono entrate nel linguaggio quotidiano: valga per tutte "ciberspazio", termine ormai adoperato, anche impropriamente, per indicare lo spazio informatico e telematico in generale. Partiremo ora dall'analisi del nome "cyberpunk" per poi esaminare le intersezioni tra questo movimento e certe particolari realtà.
"Cyberpunk"termine composto da "cybernetics"e"punk".Cibernetica, ossia scienza dell'informatica, dunque mondo in cui il computer assume una tale rilevanza da poter addirittura creare universi paralleli rispetto al nostro, e quasi altrettanto reali. Punk, ossia senso della ribellione anarcoide e trasgressiva, come veniva praticata nella Londra anni Settanta dai musicisti e dal pubblico del punk rock. Disagio urbano, vite al limite della delinquenza, colore da "maudits": tutto questo effettivamente accomuna punk rock e cyberpunk, ancorchè la musica ascoltata da Gibson sia il rap (musica del disagio metropolitano dei nostri giorni).

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